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Domande Frequenti
Tutto ciò che (non sai ancora che) avresti sempre voluto sapere sul Feldenkrais
L’ovvio elusivo
Il Metodo Feldenkrais consiste in un’applicazione delle scoperte fatte nel campo delle neuroscienze negli ultimi decenni.
Così come queste hanno lentamente rivoluzionato il modo di intendere il sistema nervoso e l’essere umano, il Metodo Feldenkrais propone nella pratica un analogo cambio di paradigma e approccia alla totalità della persona a partire dal corpo e dal movimento.
Il tocco e il movimento sono due strumenti non per cambiare il corpo, ma per dare informazioni al sistema nervoso.
Come tutto ciò che nello sviluppo della nostra cultura ha introdotto qualcosa che prima non c’era, il Metodo utilizza un linguaggio a cui la maggior parte di noi non è ancora abituata.
Questa sezione del sito ha lo scopo di introdurne la logica attraverso la formula domande frequenti.
È un metodo di auto-educazione attraverso il movimento che prende il nome da Moshe Feldenkrais che ne fu ideatore.
Il Metodo Feldenkrais propone di usare il movimento come strumento per sviluppare la propria consapevolezza e utilizzare meglio le proprie potenzialità. Agisce sull’intera persona e ne stimola e facilita l’organizzazione muscolo-scheletrica creando un effetto benefico a cascata che coinvolge le altre attività del sistema nervoso.
Agisce mediante incontri individuali (lezioni di Integrazione Funzionale) e incontri di gruppo (lezioni di Consapevolezza Attraverso il Movimento).
Per migliorare il proprio modo di muoversi, migliorare l’allineamento scheletrico e l’utilizzo di sé al servizio di ciò che si desidera fare.
Per sentire una maggiore flessibilità data non tanto e non solo da una flessibilità articolare, ma dalla capacità di adattare maggiormente l’intero corpo alle richieste dell’ambiente.
Per acquisire maggiore consapevolezza corporea e quindi delle relazioni che riguardano l’unità corpo-mente.
Per quindi poter organizzare in maniera più efficiente pensiero e azione, sviluppare una maggiore capacità di ascolto di sé e delle proprie istanze, in maniera non impositiva o giudicante.
Per favorire l’espressione spontanea di sé.
Per uscire progressivamente attraverso l’acquisizione di nuove strategie di movimento e percezione da condizioni di limitazione e dolore cronico.
Negli incontri individuali di Integrazione Funzionale l’interazione tra insegnante e allievo, o tra practicioner e cliente, avviene mediante il tocco. Nonostante ciò, non bisogna considerare l’approccio individuale Feldenkrais un massaggio, perché in questa disciplina il corpo viene visto come un mezzo per dialogare con il sistema nervoso.
Gli effetti si sperimentano anche sotto forma di sensazioni corporee, e sono accompagnate da riorganizzazioni dei tessuti molli e delle capacità articolatorie.
Tuttavia, questo non avviene mediante la manipolazione meccanica di determinati tessuti (massaggio) ma mediante un tocco che prevede una stimolazione sensoriale e funzionale attraverso manovre e movimenti delicati che desiderano fornire informazioni al sistema nervoso per permettere e agevolare una riorganizzazione spontanea dell’apparato muscolo-scheletrico.
‘Seduta’ e ‘trattamento’ sono termini che appartengono ad un vocabolario solitamente usato in ambito medico o paramedico e in ambito psicologico, psicoterapeutico e psicanalitico.
In alcuni di questi contesti, indicano anche un rapporto professionista-cliente di tipo unilaterale. Inoltre un trattamento medico o paramedico è molto spesso associato a verifiche e prognosi che appartengono alla cosiddetta science-based medicine, che segue un approccio protocollare studiato e validato a seconda del “caso” in questione.
Il Metodo Feldenkrais desidera collocarsi nell’area dell’apprendimento. Questo è chiarito anche dal lavoro di dialogo con il Ministero per lo Sviluppo Economico da tempo avviato dall’Associazione Italiana Insegnanti Metodo Feldenkrais e tuttora in corso.
Possiamo quindi parlare di educazione somatica o motoria. Pertanto nel Feldenkrais un cliente non è un paziente ma un allievo, che desidera disporre di nuove strategie di movimento e allineamento scheletrico e di interazione con se stessi e l’ambiente, per migliorare la propria qualità della vita.
Il rapporto è quindi di tipo educativo, l’insegnante Feldenkrais non impartisce un cambiamento alla persona ma desidera creare un contesto in cui ci sia un apprendimento sempre più autonomo da parte dell’allievo, e la strada per questa autonomia viene costruita personalmente con ciascuno in base alla sua indole, alle sue caratteristiche, alle sue preferenze, alla sua storia.
Come ogni approccio educativo che si rispetti richiede.
Grazie per la domanda : )
Se fin qui tutto è chiaro, usiamo una delle seguenti espressioni: lezione individuale o lezione di gruppo, lezione di Integrazione Funzionale o lezione di Consapevolezza Attraverso il Movimento.
Talvolta c’è chi utilizza il termine “sessione”, la trovo una soluzione a metà strada che non scontenta nessuno.
Corretto! Lo scopo è educare, non curare.
Seguiamo questi esempi:
In caso di cervicalgia, compatibilmente con il proprio percorso medico, un approccio di educazione motoria propone un miglioramento della distribuzione del carico. È possibile quindi che il collo sia in sovraccarico e la parte di dorso sottostante sia meno mobile, partecipando meno al movimento e obbligando perciò la zona cervicale a fare gli straordinari.
Inoltre: la testa è in asse? Come si trasmettono le forze dalla testa al bacino e dal bacino alla testa?
E così piano piano un “problema” specifico conduce a dare uno sguardo all’insieme, a rivolgersi all’intera organizzazione motoria della persona. Migliorerà l’insieme, e perciò migliorerà anche il particolare. Migliorerà il particolare e questo si rifletterà nell’insieme.
Dopo un trauma o un infortunio è bene studiare con i professionisti medici a cui ci si affida un percorso di terapia riabilitativa. È una situazione eccezionale che necessita un intervento eccezionale. In un secondo momento, quando le acque si calmano almeno un po’, il percorso diventa prevalentemente educativo e spesso bisogna scegliere che strada prendere.
Chi a questo punto si affida al Metodo Feldenkrais potrà riacquisire maggiore fiducia nella parte che è stata offesa o danneggiata, diminuire le tensioni che inconsapevolmente vengono attivate per proteggere dal trauma che in qualche modo una parte di sé considera ancora presente, almeno come minaccia. E così sarà possibile integrare meglio questa parte con tutto il resto per fare in modo che il movimento torni ad essere piacevole, sicuro e ben distribuito.
Purtroppo devo rispondere con un ‘dipende‘.
Dipende dall’età della persona, da ciò che vuole imparare o migliorare, da quanto tempo esiste la condizione da cui desidera uscire, dalla sensibilità e capacità di ascolto, dalla curiosità e dalla predisposizione a collegare diversi aspetti di sé tra loro, e da ciò che ha già fatto in passato per migliorare la propria qualità della vita.
Solitamente dico a chi si rivolge a me che fare una sola lezione ha senso se si vuole assaggiare il Metodo. Ma molte volte un assaggio non basta per cogliere dei gusti nuovi, e pertanto consiglio almeno tre assaggi (strategia che applico anche a tavola!).
Per sentire una differenza tra prima di aver fatto Feldenkrais e dopo, consiglio di considerare le 5-6 lezioni come una buona unità di misura del cambiamento. Dopo questo numero di incontri è molto facile che l’allievo riscontri qualcosa di stabilmente diverso rispetto all’inizio, in generale e nel particolare a seconda delle proprie necessità. A questo punto è più facile darsi ulteriori obiettivi o desideri e ragionare intorno ad una strategia adeguata, o ritenersi soddisfatti.
Ricordiamoci che si tratta di apprendimento, e potrei ribaltare alcune domande in un altro contesto: quanto tempo ci vuole per impugnare in maniera efficiente una chitarra? Quanto per fare un giro di do con gli accordi? Quanto per fare una scala? Quanto per suonare una passacaglia? Esiste poi un punto di arrivo o anche l’azione più semplice che si dà per scontata può continuare a migliorare?
Consiglio di indossare abiti comodi, anche casual, purché non stringano e non limitino il movimento. Meglio quindi evitare gonne, maglie col cappuccio e smanicati e preferire tessuti morbidi. In inverno è bene coprirsi perché non è una attività aerobica.
Una lezione solitamente dura intorno ai 50 minuti.
Chi osserva una lezione di movimento Feldenkrais senza praticarla e senza sapere su quali principi è studiata, potrebbe scambiarla per una lezione di ginnastica dolce.
Tuttavia una lezione Feldenkrais ha lo scopo di stimolare la corteccia sensomotoria, mediante l’applicazione sistematica di determinate leggi fisiologiche che hanno permesso lo sviluppo del sistema nervoso.
Quindi non c’è un esempio da seguire, o un esercizio da ripetere un certo numero di volte per ottenere dei risultati.
Ogni movimento va eseguito con la curiosità di chi vuole esplorare possibilità inedite di movimento, cercando di collegare funzionalmente più parti di noi. Ci si muove per dare informazioni al sistema nervoso, non per raggiungere chissà quali risultati. Il riposo tra un movimento e l’altro, infine, serve non tanto per recuperare le energie spese nei movimenti, ma per permettere al sistema nervoso di rielaborare ciò che ha fatto e di programmare un nuovo movimento reclutando cellule cerebrali nuove, disimpegnando quelle precedentemente utilizzate.
Nel Feldenkrais si usano pertanto termini come ‘funzione’, ‘movimento’, ‘eplorazione’… si evita solitamente di usare la parola ‘esercizio’ e immagini associate al raggiungimento di un obiettivo.
Ogni novità per essere accolta ha bisogno di una preparazione culturale che permetta di ragionare nei termini che hanno prodotto tale novità.
In Italia il Feldenkrais è diffuso da più di 30 anni ma per certi aspetti è ancora nuovo, così come è ancora piuttosto nuovo il campo delle neuroscienze.
Ad esempio quando si parla di corpo, c’è chi lo considera come uno strumento, quasi un oggetto, da approcciare separatamente da tutto ciò che compone l’essere umano. Chi segue le scoperte delle moderne neuroscienze invece non usa nemmeno la parola corpo, preferendo il neologismo corpo-mente ampiamente accettato ed utilizzato in ambito accademico.
Purtroppo mi tocca rispondere con un altro ‘dipende‘.
Bisogna capire perché si desidera fare Feldenkrais. Se è per migliorare una condizione di disagio dato da limitazioni di movimento o dolore cronico, allora è meglio iniziare con lezioni individuali e lasciare quelle di gruppo per un secondo momento.
Per seguire con profitto una lezione di gruppo occorre essere un minimo autonomi nell’esplorazione dei movimenti, poter confidare progressivamente sulla propria capacità di ascolto, saper stare dentro i propri limiti di movimento con rispetto, saggezza e delicatezza.
Spesso l’esperienza del dolore cronico è accompagnata da una ridotta sensibilità ed un utilizzo di sé poco integrato nel movimento.
In caso quindi di limitazioni o dolori, è meglio ricorrere ad un approccio personalizzato con le lezioni di Integrazione Funzionale, studiato intorno ad una esigenza specifica. Una volta acquisita una certa autonomia, è bello proseguire con lezioni di gruppo nei tempi e nelle modalità che verranno considerate a seconda dei casi.
In molti casi si può iniziare da subito con lezioni di gruppo: se non ci sono dolori, in caso di persone che hanno già un rapporto confidenziale con le proprie possibilità di movimento e di ascolto. In danzatori, atleti, attori; in chi ha praticato per tanto tempo altre discipline che favoriscono una maggiore consapevolezza corporea e di sé.
Un movimento è elegante, efficiente e piacevole da eseguire non necessariamente quando è forte o possente, ma quando è bene organizzato.
Cioè quando viene eseguito senza andare in apnea (il che indica un conflitto tra aree di controllo motorio), con la capacità di sapersi osservare mentre ci si muove, con una sensazione di unità per cui tutto il corpo partecipa.
Quindi un movimento bene organizzato manifesta una migliore integrazione tra le parti.
Cioè: se sono in piedi e voglio muovere un braccio verso l’alto per afferrare qualcosa, se sento che l’intero corpo e coinvolto, dal bacino allo spostamento di peso nei piedi, posso parlare di integrazione tra le parti che sento coinvolte.
Se invece muovo il braccio e il movimento si ferma nella spalla o nel torace, significa che la mia organizzazione al momento attuale non è abile nel distribuire il lavoro lungo lo scheletro, che la periferia non è collegata al centro, e che da qualche parte c’è una resistenza muscolare che fa da “contrappunto” al movimento del braccio e stoppa la trasmissione del movimento.
So che non è molto elegante, ma mi permetto di rimandarti a questo articolo del blog in cui parlo dettagliatamente proprio di questo argomento. Altrimenti la farei lunga.
Qui mi limito a scrivere che la pratica del Metodo Feldenkrais utilizza il movimento per agire con l’intera persona.
Per quanto riguarda il movimento e la postura, non è una pratica che stimola il rafforzamento di una determinata area (il famoso sviluppo del core) o che punta ad una maggiore flessibilità ed elasticità muscolo-tendinea.
Col Metodo Feldenkrais si lavora per stimolare una riorganizzazione posturale spontanea, per facilitare la possibilità di usarsi in maniera più efficiente ed intelligente, per utilizzare meglio la trasmissione scheletrica durante i movimenti che compiamo quotidianamente, per distribuire i movimenti lungo l’intero scheletro assecondando la biomeccanica del corpo umano.
Direi di considerare per primi i libri di Moshe Feldenkrais. Quelli più conosciuti in ordine di pubblicazione sono questi:
- Conoscersi attraverso il movimento
- Il corpo e il comportamento maturo (sul sesso, l’ansia e la forza di gravità)
- Le basi del metodo per la consapevolezza dei processi psicomotori
- L’io potente (uno studio sulla spontaneità e la compulsione)
Mie considerazioni: il primo è scritto per il lettore “medio”, mi sembra più divulgativo e di facile lettura, presenta anche 5 lezioni pratiche. Per gli altri libri a mio avviso ci vuole un po’ più di impegno.
Il secondo e il terzo sono quelli più tecnici e “il corpo e il comportamento maturo” è quello che definirei più importante.
L’io potente è stato pubblicato postumo, l’ho trovato molto appassionante (lo lessi per ultimo).
Si presume che Feldenkrais inizialmente avesse come principale premura quella farsi accettare dalla comunità scientifica, e per questo scrivesse in maniera più analitica, per quanto abbia sempre il suo fare da pioniere. Nell’ultimo libro invece dà maggiore spazio alle sue intuizioni.
Esistono altri testi come “La saggezza del corpo” che è una raccolta di interviste fatte a lui e di articoli da lui scritti, molto interessante.
C’è anche il famoso “Il caso di Nora” che è la trascrizione di una conferenza in cui parla in maniera piuttosto dettagliata di un particolare caso che ha seguito, la rieducazione di una signora che aveva subito un danno cerebrale e aveva perso le fondamentali capacità motorie (aveva perso la capacità di infilarsi una scarpa o gli occhiali) benché conservasse delle ottime capacità intellettive.
Esiste anche “Lezioni di movimento” in cui ci sono prevalentemente solo trascrizioni di lezioni di Consapevolezza Attraverso il Movimento con parecchia divulgazione in mezzo.
C’è inoltre tanto materiale valido che non è stato scritto da Feldenkrais ma da altri insegnanti del Metodo, ma si farebbe lunga.
Un testo eccezionale, scritto da uno dei più famosi divulgatori al mondo di neuroscienze, il giornalista canadese Norman Doidge, è senz’altro Le guarigioni del cervello. Al suo interno sono presenti due bellissimi capitoli sul Metodo Feldenkrais.
Bonus: bibliografia sul Metodo Feldenkrais a cura dell’Associazione Italiana Insegnanti Metodo Feldenkrais.