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L’apprendimento organico: montagne che camminano
Trasformare l’apprendimento per trasformare la vita
In passato, prima di scoprire cos’è l’apprendimento organico, avevo un’idea di apprendimento – probabilmente condivisa da molti – secondo cui ogni volta che imparo qualcosa aggiungo un pezzettino a ciò che sapevo prima. Come l’accrescimento di un sapere enciclopedico, grazie al quale ogni giorno è possibile conoscere una cosa in più del giorno precedente, accrescendo il proprio “bagaglio” di nozioni conosciute.
Parallelamente è ben nota la teoria sulla curva dell’apprendimento: inizialmente si apprende molto velocemente, poi l’apprendimento prosegue in maniera meno evidente, limando e puntellando, aggiungendo piccoli pezzi, e subisce una sorta di stallo e di rallentamento improvviso.
Chi ad esempio inizia a suonare uno strumento musicale, nei primi mesi può entusiasmarsi facilmente dei propri progressi. Poi probabilmente potrà sentirsi quasi frustrato non appena avrà la percezione di subire una battuta d’arresto. Quello è il momento in cui la veloce crescita dell’apprendimento apparentemente si arresta.
L’apprendimento organico: la parte influenza il tutto
In realtà noi esseri umani ci rapportiamo all’apprendimento in un modo particolare e ricchissimo.
Possiamo considerare ogni persona nel suo insieme, come un “tutto”, in un’attività di costante interazione tra le sue varie funzioni e con l’ambiente.
Dato che le nostre funzioni partecipano ad un processo continuo e sono costantemente interconnesse, vi è reciprocità tra queste funzioni: una modifica relativa ad una funzione influisce anche sulle altre.
Questo significa che se ad esempio si migliora il modo di respirare, migliorerà anche la postura eretta, quindi il modo di camminare, di parlare. Se volessimo andare oltre potremmo dire che parlare con più facilità, provando una sensazione di agio nel farlo, unita ad una maggiore comodità e presenza corporee, potrà conferire la sensazione di avere un’interazione più efficace con gli altri, che siano pochi o molti. Questo accrescerà la propria autostima, modificando l’immagine che si ha di se stessi. E via dicendo, un’esperienza consapevole di miglioramento può propagarsi in questa maniera.
È una semplificazione, ma credo sia di immediata comprensione.
Qualsiasi sia la parte con cui si lavora perciò, si lavora anche con il tutto.
Non a caso in informatica il machine learning prende in prestito terminologia e studi dal mondo delle connessioni neurali per sviluppare la creazione di una intelligenza artificiale in grado di rimodularsi interamente quando interagisce con una nuova informazione.
La vita è un processo di apprendimento
Il Metodo Feldenkrais mi ha insegnato ad entrare in un processo di apprendimento continuo, dove tutti gli aspetti della mia esistenza sono coinvolti e interagiscono tra loro.
Quando la vita diventa apprendimento cessa di esistere la ripetizione di un qualcosa uguale a se stesso, perché ogni volta l’azione viene eseguita da un sé leggermente diverso, che può guardarla con occhi nuovi mentre la svolge.
Una volta aperta questa possibilità la curva dell’apprendimento può essere vista in modo del tutto nuovo.
Ogni cosa che impariamo ingrandisce la dimensione della nostra esperienza, che interagisce con la nostra integralità. Questa esperienza che diventa sempre più grande, ingloba e comprende sempre più aspetti della nostra azione, del nostro pensiero (anch’esso azione), della nostra percezione e dell’elaborazione che facciamo di tutto ciò.
Ogni nuova informazione interagisce con tutti gli aspetti della nostra esperienza, passati e presenti, riorganizzando le azioni future.
Ogni nuova informazione acquisita genera una nuova sintesi che coinvolge tutti gli elementi precedentemente acquisiti, questi possono essere ricomposti, integrati con i nuovi, messi in connessione tra loro, rivisti o accantonati.
Nello sviluppo ontogenetico del movimento, ad esempio, il neonato impara a rotolare dopo aver imparato a coordinare i più elementari movimenti della testa in relazione al movimento degli occhi. Una volta a pancia in giù, impara ad estendere la testa. Più avanti potrà portare il bacino più in alto usando i piedi e le mani come sostegno. Una volta in piedi, finalmente, potrà fare tesoro di tutta l’esperienza precedentemente acquisita: i piedi offriranno un sostegno rimodulato, la testa potrà essere sostenuta grazie all’apprendistato compiuto a pancia in giù, e contemporaneamente potrà ruotare sull’asse. Tutte le informazioni basiche acquisite in precedenza vengono riutilizzate, collegate in maniera differente tra loro e sintetizzate in nuovi schemi.
Siamo montagne che camminano
Possiamo immaginare questa esperienza in formazione come una montagna che cresce di dimensioni. Ogni cosa che facciamo, la facciamo portando con noi la “montagna” della nostra esperienza. Ed ogni suo aspetto è in viva interazione con ciò che ci succede. Un elemento nuovo si rapporta con l’intera montagna e l’interezza della nostra esperienza viene risintetizzata in ogni nuova esperienza.
La chiave per permettere queste interazioni è il recupero di una certa consapevolezza corporea, mettendo le sensazioni ad essa legata al centro, insieme alla capacità di poter interagire con l’immagine di sé (che è tutt’uno con l’immagine corporea), usando onestà nel (non) definirla e quindi nel permettere che venga rimodellata.
Anche quando l’apprendimento sembra procedere per piccolissimi passi, e delude le nostre impazienti aspettative, l’apprendimento organico procede facendo tesoro di tutto, persino della propria reazione all’apparente battuta d’arresto.
La montagna continua a rimodularsi, man mano che il processo di apprendimento prosegue. A volte dall’esterno si può vedere poco, mentre la ricchezza interiore continua a crescere generosamente.
Per tornare all’esempio di prima, può capitare che da quando il bimbo si mette in piedi per la prima volta a quando compie il primo passo, possano passare interi mesi. Nel periodo intercorso tutte le informazioni precedentemente acquisite vengono vagliate e accostate di volta in volta a nuovi elementi appresi e nuove sfide. L’intera montagna precedentemente formata ha bisogno di essere portata in una nuova dimensione dell’esperienza.
Ciò che sembra procedere a rilento coinvolge in realtà una mole di informazioni smisuratamente grande, maggiore di quando la curva dell’apprendimento sembrava impennarsi. Nell’apprendimento organico, spostare una montagna è più elaborato di fare un primo e incerto passo.