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Che cos’è una buona postura? #4 – Gli strumenti
Siamo arrivati così al quarto ed ultimo post sull’argomento.
Dato che molte persone che si rivolgono a me spesso dicono di avere una “postura scorretta” mi sono lasciato trasportare dalla domanda nient’affatto scontata “che cos’è una buona postura?” per tracciare un particolare percorso, articolato qui in quattro post.
Il primo ha riguardato quelli che mi sembrano essere i luoghi comuni su cui solitamente ci si imbatte quando si parla di “buona postura”.
Il secondo post ha aggiunto un tassello al precedente e presentato un’ottica funzionale con cui intendere la “buona postura”.
Il terzo ha trattato in maniera semplificativa il modo in cui il sistema nervoso si è formato, e come questo sia legato allo sviluppo del movimento.
Ora, con questi elementi, è bene considerare quali sono gli elementi a nostra disposizione per lavorare sull’allineamento e sull’utilizzo scheletrico e migliorarne l’efficienza.
Come detto in precedenza, è l’esperienza ciò che forma il sistema nervoso, ed è l’esperienza del movimento quella che ha permesso il primo e probabilmente più importante sviluppo, prima ancora che i confini del proprio io venissero tracciati.
Ciò che ha consentito questo sviluppo è la meravigliosa capacità che ha il sistema nervoso di osservare, valutare e ricalibrare le azioni che sta compiendo. È una sorta di meta-attività.
PERÒ C’È UN PERÒ
Questa grande capacità di apprendimento ed adattamento che non ha eguali negli altri esseri viventi conosciuti, permette non solo di imparare cose nuove, ma anche di accantonare quelle imparate in precedenza che non vengono più utilizzate. In inglese si usa l’espressione use it or lose it: ciò che non viene usato, viene perso.
Pensiamo ai fonemi: il neonato ne pronuncia una quantità indefinita, piano piano impara a parlare una lingua (i più fortunati anche di più) e il modo di pronunciare i fonemi si “fissa” in una applicazione limitata, e tutti i fonemi che non ci servono diventano estranei. Talvolta non soltanto estranei alla possibilità di pronunciarli, ma anche a quella di percepire la loro diversità dai fonemi con cui si ha più dimestichezza.
Quindi alla mia età potrei fare un’enorme fatica per imparare a pronunciare i fonemi di una lingua tanto distante dalle mie abitudini come può essere quella cinese, ad esempio.
Dimenticare i movimenti
A livello motorio succede qualcosa di simile: verso gli 8 o 9 mesi il bambino può stare seduto senza schienale in maniera leggiadra, può aprire le anche a piacimento, non ha bisogno di fare stretching.
Poi (per lo meno dalle nostre parti) l’abitudine lo porterà ad adottare alcune posizioni a dispetto di altre, probabilmente a stare seduto per tante ore al giorno su una sedia, con una discreta probabilità di trovare nel corso degli anni e dei cicli scolastici sedie inadatte alla sua altezza. Ad ogni modo le posizioni più utilizzate e conosciute diverranno automatiche; per contro, ad esempio, stare seduti per terra può diventare sempre più scomodo. Questa è una cosa che scoprono molti neo-genitori quando tornano di colpo a passare parecchio tempo per terra per giocare con il loro bambino o la loro bambina.
Perché ci si incurva?
Inoltre esiste una legge in fisiologia che studia il rapporto tra sensibilità e stimolazione sensoria. Ogni senso ha una soglia di percezione, il senso propriocettivo pare abbia una soglia di 1/40.
Se pongo una moneta sul palmo aperto della mia mano, mi accorgo della variazione. Anche se ne aggiungo un’altra e un’altra ancora e così via.
In linea teorica, una volta raggiunta la quota di 40 monete, non sarei più capace di sentire la differenza qualora ne aggiungessi un’altra. Dovrei aggiungerne due alla volta. Cioè non mi accorgo della differenza che c’è tra opporre resistenza al peso di 40 monete e opporre resistenza al peso di 41 monete. È un’azione che faccio ma non posso sentire.
A qualcuno è capitato di guardare una foto o un video in cui è stato ripreso a propria insaputa o da angolazioni insolite e di esclamare “ma ho la testa così in avanti?”, oppure “ma sono così gobbo?”…
Incurvamenti simili si sono prodotti sommando piccole frazioni di movimento, sotto la soglia di percezione, e solo dopo tanti anni sono in grado di produrre un risultato evidente ad occhio nudo ma – ed è importante – impercettibile internamente!
Gli strumenti a disposizione
Il dr. Feldenkrais, addentrandosi in questo territorio, ideò una metodologia di approccio che tenesse conto di questo. Volle sfruttare la possibilità di ridurre lo stimolo per procurare differenze sensibili e cambiare gradualmente, a poco a poco, l’organizzazione muscolo scheletrica, in maniera spontanea. Non solo per invertire il processo che ha procurato incurvamenti, ma anche per re-imparare ciò che è stato dimenticato o accantonato, in un modo simile a quello adottato nelle prime fasi di apprendimento della nostra esistenza.
Se dico a qualcuno “stai dritto”, non gli sto dando nessun elemento utile per cambiare l’azione muscolare che mantiene e non percepisce. Ciò che potrà fare, sarà sommare un’azione compensatoria a quella già presente, probabilmente peggiorando la situazione di partenza.
Se invece sono in grado di dargli informazioni sensoriali e di movimento su ciò che già fa e su ciò che può fare in alternativa, o di fare in modo che lui si procuri queste informazioni, gli sto effettivamente dando qualcosa di utile, che il sistema nervoso può utilizzare per creare dei cambiamenti laddove un atteggiamento meccanico non può arrivare.
Questa è una delle chiavi delle lezioni di Consapevolezza Attraverso il Movimento e delle Integrazioni Funzionali.
Quindi che cos’è una buona postura? È un processo, dove la domanda perde di significato perché diventa un’esperienza.