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Dolore cronico e disequilibrio
Un dolore cronico che tormenta
La maggior parte delle persone che ricevo lamenta dolore cronico.
Il tipo di dolore ovviamente varia da persona a persona, ma spesso capita di osservare dei dolori decisamente asimmetrici lungo la schiena. E vengono vissuti da molti come una sorta di tormento.
Sembra che la persona sia sempre affaticata e che basti poco per peggiorare la situazione e intensificare la sensazione di dolore.
Sentirsi storti. Cosa significa?
Quando le persone si definiscono “storte” spesso intendono incurvate in avanti, cioè più o meno gobbe. Raramente tengono in considerazione l’equilibrio tra destra e sinistra o l’atteggiamento di torsione.
Ogni tanto qualcuno mi riferisce che un certo specialista gli ha detto che ha il “bacino storto”, ma non sempre sa spiegarmi precisamente cosa significa.
Molte persone conducono la loro esistenza con una spalla più bassa dell’altra, o con un’ala del bacino più sollevata dell’altra, e se ne accorgono solo quando qualcuno glielo dice o quando osservano una foto… e purtroppo difficilmente sanno come utilizzare questa informazione.
Ma l’argomento è complesso e provo ad avvicinarmici per approssimazioni.
Uno sguardo d’insieme sul disallineamento
Nessuno fa un utilizzo di sé perfettamente simmetrico. Tuttavia c’è differenza tra chi si trova in una tollerabile situazione di leggero disallineamento e chi vive in un marcato e costante disequilibrio.
Per cogliere la questione occorre una visione di insieme: una testa inclinata da un lato ha bisogno di qualcosa che la sostenga e non la faccia cadere. Tale lavoro compensativo a livello del dorso provoca un utilizzo limitato e asimmetrico della cassa toracica e quindi del tratto di colonna dorsale, che avrà una mobilità diversa sui due lati. Un tratto dorsale così organizzato probabilmente non è proiettato al centro del bacino, ma preferisce un lato. A sua volta il bacino deve compensare spingendo un lato maggiormente verso il pavimento; di conseguenza l’utilizzo delle gambe non sarà simmetrico e le varie articolazioni saranno coinvolte in maniera diversa, ricevendo diversamente il peso del corpo.
Nel descrivere questa situazione sono partito dalla testa per comodità, ma non sempre reputo importante stabilire un punto di partenza: non serve lavorare solo con la testa, o con una parte. L’intero SÉ è coinvolto in questa organizzazione e tutto, contemporaneamente, lavora per mantenere l’equilibrio. Quindi non è nemmeno appropriato ragionare per distretti (“il bacino va di qua e il tratto dorsale di là”) perché ogni singola parte della struttura è coinvolta e il lavoro è distribuito. E laddove c’è una peggiore distribuzione si manifesta il dolore cronico. Come dicevo è un’approssimazione che tiene conto solo dell’asse orizzontale.
Gli instancabili muscoli antigravitari
Mantenere l’equilibrio è un lavoro che facciamo senza accorgercene. Provate ad allungare un braccio in avanti e a sporgervi come per raggiungere qualcosa lontano da voi. Suppongo non siate caduti, e se è così è perché alcune funzioni primarie del sistema nervoso vi hanno mantenuti in equilibrio. Ma non sapete di preciso cosa avete fatto per non cadere.
Mantenere l’equilibrio è un lavoro che viene fatto costantemente, di riflesso, anche dalla persona con la postura migliore del pianeta. Poiché il baricentro quando si sta in piedi o seduti cade leggermente più avanti del centro e i muscoli antigravitari fanno un costante lavoro sottotraccia per mantenere la posizione eretta.
Quindi immaginate cosa avviene in chi si trova in un marcato disequilibrio, la sua azione antigravitaria è così complicata da generare dolore cronico in uno o più punti… Questo è un costante conflitto tra il lavoro antigravitario e le tensioni che portano fuori asse. Il risultato? Una grande fatica, forse un tormento.
Strumenti di indagine
Quando ricevo qualcuno che lamenta tali fastidi, faccio dei test molto semplici per avere un riscontro oggettivo dei disallineamenti, per definire questi equilibri, e soprattutto per far sentire alla persona il modo in cui distribuisce il proprio peso dalla testa ai piedi.
Questo non è un aspetto semplice, perché quasi sistematicamente chi si ritrova in un forte disallineamento percepisce il contrario di quello che osservo con gli occhi.
Cioè chi ad esempio utilizza il bacino in modo che “penda” e appoggi maggiormente da un lato, solitamente percepisce di pendere dall’altro lato. Ed è probabile, tra l’altro, che quando avrà un intensificarsi del dolore, sentendosi snervato, cercherà di mettersi “dritto” e peggiorerà la situazione, perché con ogni probabilità farà il contrario di ciò che gli potrebbe giovare, concludendo quindi di essere tormentato da un dolore cronico spietato…
Strumenti di azione
Per semplicità ai miei clienti propongo il ragionamento che ho definito per “distretti”, spezzettando l’attenzione su come le varie parti sono allineate tra loro, su come alcune vanno a destra e altre a sinistra, alcune avanti e altre indietro. Tutto questo durante il primo incontro.
Poi invito a calare nella pratica questa osservazione: prima ci si accorge che in ogni circostanza – anche quando si dorme – si mantiene in maniera attiva questo disallineamento, meglio è. La consapevolezza è il primo passo che accompagna tutti gli altri, e permette alla percezione di raffinarsi col tempo.
Poi un lavoro mirato, studiato sulla storia corporea e sulle proprie peculiarità, traccerà una via per uscire da questo impasse del dolore cronico.
Non dimentichiamo infine che c’è un fattore che rende la rieducazione più complicata di come si potrebbe pensare. È tanto ovvio quanto ignorato dalla maggior parte dei “rimedi” che mi sembra di trovare in giro: la forza di gravità!
Il disallineamento, una volta avviato, tende ad accartocciarsi su se stesso e a peggiorare col passare del tempo, trasformando piccoli fastidi transitori in dolore cronico. Bisogna quindi tenere conto dello schiacciamento operato dalla gravità, con un approccio studiato anche per reversibilizzare questa azione.
Notare bene che si tratta di una rieducazione, non di una terapia, che va seguita in compatibilità e in accordo col proprio eventuale percorso medico.
In conclusione
Non basta analizzare alcune asimmetrie e lavorarci sopra, spesso non è sufficiente lavorare localmente con le zone dolenti, non basta quindi ragionare settorialmente e per compartimenti stagni, occorre una visione di insieme che ponga la biomeccanica dell’intera struttura e la storia della persona in relazione alla forza di gravità.
“Se sarete capaci di insegnare alla gente a stare in piedi sulle proprie gambe e a piacersi così, sarete richiesti in tutto il mondo”. M. Feldenkrais
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