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Diario di un corpo #3 – Il riferimento neutro
Nella pagina precedente ho descritto cos’è secondo me la consapevolezza. Dato che il corpo è il fulcro dell’esperienza umana, mi sono chiesto come combinare la consapevolezza con il corpo, e cosa intendere quindi per ‘consapevolezza corporea’. Può essere questa la quintessenza della consapevolezza?
Prima però credo di aver bisogno di fare alcune digressioni.
Qualsiasi strumento di misurazione ha bisogno di essere tarato ad un livello neutro per effettuare misurazioni.
Una bilancia torna allo “zero” ogni qualvolta si libera il suo piatto.
Quando ho installato delle mensole in casa mia, ho usato un’applicazione del telefono che funzionasse a mo’ di bolla: potevo mettere il telefono sul pavimento e tarare così il mio piano di riferimento, per poi tentare di riproporlo sul muro ad altezze diverse.(¹)
Chi ha sperimentato diverse pratiche somatiche e di meditazione sa che ogni disciplina propone una particolare strada per raggiungere determinati stati psico-fisici. E così ci sono vie che puntano sul movimento, altre sulla stasi; alcune si concentrano su particolari organi di percezione (vista, udito, tatto…), altre si dedicano maggiormente alla gestione del flusso dei pensieri o dell’attività emotiva.
Inoltre, il mondo dell’esplorazione somatica è vastissimo e le discipline, da oriente ad occidente, sono innumerevoli.
Credo che in tante pratiche siano piuttosto chiari gli obiettivi – l’esperienza appunto di determinati stati psico-fisici – mentre siano meno chiari i mezzi di riferimento. Altrove è il contrario.
Non è un caso se chi medita dice saggiamente che non lo fa per raggiungere un qualsivoglia obiettivo, altrimenti la pratica perderebbe di senso.
Ci sono due aspetti che mi hanno fatto innamorare del Metodo Feldenkrais e che non ho trovato finora in altre pratiche che ho provato, apprezzato, e talvolta continuato a frequentare:
1) è pensato alla occidentale e per gli occidentali, traduce ogni informazione in azione e non prende in prestito terminologia e prassi da approcci estranei alla nostra forma mentis.
2) offre un punto di riferimento neutro che costituisce una base su cui tornare ogni qualvolta lo si desidera e che si può espandere. Questa neutralità è al tempo stesso obiettivo e unità di misura della pratica Feldenkrais.
Si tratta di un neutro che è proprio di ognuno, che si apprende ad espandere e che diventa riferimento interno per ogni azione. Ogni azione rappresenta un’uscita dalla condizione neutra e si conclude con un ritorno a tale condizione.
Se però non sappiamo nella pratica cosa è neutro per noi, non possiamo sintonizzarci con uno stato psico-fisico in grado di vagliare le azioni compiute e di riprogrammare secondo le nostre preferenze le successive. Non possiamo valutare determinate modificazioni che ci attraversano, e quindi discernere ed effettuare propriamente alcune scelte. Inoltre, una condizione “neutra”, favorisce l’ascolto e quindi la comunicazione.
Ovviamente, parlarne così lo fa sembrare un ideale, ma come ho scritto non è solo una sorta di obiettivo, ma anche un costante riferimento di ricerca nella pratica Feldenkrais.
Di cosa si tratta? Che cos’è questo neutro?
…
Dedicherò all’argomento la prossima pagina del diario.
Spoiler: il neutro è rappresentato dallo scheletro.
Perché? Sarà chiaro, mi auguro.
C’entra con la ‘consapevolezza corporea’? Sì e no.
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(1) Il dr. Feldenkrais, ne l’io potente, ipotizza che nel grembo materno il feto, poco prima del parto, si posizioni a testa in giù anche per tarare il proprio sistema vestibolare sullo “zero”.