Storia di Moshe e del Metodo Feldenkrais

moshe feldenkrais

di Frank Wildman

Moshe Feldenkrais nacque nel 1904 in un piccolo villaggio russo. Al tempo in cui aveva quattordici anni era in corso la prima guerra mondiale e decise di emigrare. Raggiunse il posto più sicuro al mondo a quel tempo: la Palestina. Là frequentò parte della scuola media, presso un Kibbutz. […] L’intento della scuola era quello di far sì che una volta diplomati non si prestasse fede ad alcuna autorità e si fosse in grado di vedere ogni situazione da punti di vista diversi. Egli spinse quest’idea così lontano che nella formazione di Amherst parlò di come Hitler fosse una persona interessante, meravigliosa e potente. Lo fece al solo scopo di irritare le persone e aprire le loro menti.

Aveva l’abitudine di fare cose come questa; era solito creare controversie su ogni punto di vista. Non si poteva mai essere sicuri di niente. Per esempio, una volta andai con lui al ristorante. Era un fumatore accanito, fumava persino durante le lezioni di I.F. Raccolse il portacenere e incominciò a parlare di quanto stupida fosse quest’idea di fabbricarlo in quel modo [aperto] e di come il fumo si disperdesse. Continuò per un bel po’ a parlare di portacenere, di un modello che era stato progettato in Svizzera che era chiuso da un coperchio con un buco per infilarci la sigaretta. Disse che non ebbe successo e che agli inglesi non dava fastidio il fumo perché avevano nasi insensibili, che comunque non erano in grado di sentire l’odore di alcunché, che bastava vedere che cibo mangiavano, e questa era la ragione per cui avevano fabbricato i portacenere senza coperchio. E continuò a discutere su come quella fosse un’idea stupida fino a quando qualcuno non intervenne dicendo di essere d’accordo, che sarebbe stata una buona idea avere portacenere col coperchio. A quel punto lui lo prese per stupido e spiegò come ciò avrebbe causato problemi di fabbricazione e di immagazzinamento perché richiedevano più spazio, in quanto non si potevano incastrare l’uno nell’altro. Così era solito portare argomenti completamente contrari a ciò che aveva detto prima rendendo molto interessanti le situazioni più ordinarie ma allo stesso tempo esasperanti e faticose.

Le sue lingue madri erano: lo yiddish, l’ebraico e il russo. Le parlava tutte fluentemente. Andò ad Heidelberg dove consegui una laurea in ingegneria meccanica ed elettrica. Sembra che le abbia conseguite entrambe, ma non è chiaro. Heidelberg era la migliore Università tedesca a quel tempo per quei corsi di laurea. Dopo di ché andò alla Sorbona, dove ottenne un dottorato in fisica. Per un certo periodo succedette alla direzione del laboratorio di Curie. [Il “Curie” con cui collaborò Moshe era per la precisione Frédéric Joliot-Curie (1900-1958) e non il più famoso Pierre Curie (1859-1906) di cui Frédéric sposò la figlia aggiungendo tale cognome al proprio.] Redasse, insieme a Curie, il primo documento sul generatore di Van de Graaff, un generatore elettrostatico di elettricità usato nelle ricerche di fisica nucleare. Curie vinse il premio Nobel grazie a queste ricerche. Moshe era considerato uno dei massimi esponenti della fisica nucleare. Costruì e progettò molte cose. Fu anche geometra e costruì edifici a Tel Aviv.

Come arrivò al Metodo Feldenkrais? Era molto interessato a forme radicali di istruzione. All’età di vent’anni scrisse il suo primo libro sull’autoipnosi, lavorandoci nel tempo libero. Era interessato al linguaggio e ai lievi cambiamenti nel modo di parlare; a come i tipi di inflessione potevano influire profondamente sull’abilità e sugli stati mentali. Un giorno venne in visita [a Parigi] un altro professore di fisica: si chiamava Kano e veniva da Tokyo. Aveva sviluppato un sistema per insegnare la fisica in cui gli studenti incorporavano i principi della fisica e della meccanica di Newton. Era l’inventore del Judo. Aveva visitato tutte le varie isole del Giappone che possedevano ognuna la loro propria arte marziale. Kano era interessato a sviluppare uno sport che aiutasse i suoi allievi a incorporare la meccanica newtoniana così che non incontrassero difficoltà con la teoria della relatività, con la meccanica quantistica e con le nuove scoperte che stavano avvenendo. Insegnava loro il Judo in modo che capissero come usare il loro corpo e non faticassero troppo a spostare un grosso oggetto che venisse loro incontro. In altre parole: come ottenere il massimo movimento col minimo di sforzo. Imparavano a riorganizzare la loro postura in modo che l’intera forza di qualcuno che li attaccava passava attraverso le ossa lunghe per arrivare al terreno. Se la forza si trasmette lungo le ossa lunghe, poiché le articolazioni sono bilanciate, allora non si dovranno pre-impegnare i muscoli posturali per essere stabili. Nel Judo si cerca di osservare l’avversario così bene che si diventa in grado di sapere se arriverà dal lato sinistro, dall’alto o dal basso. Si riconoscono le sue predisposizioni dalla postura che ha, dall’osservare gli occhi, il respiro, e si è in grado di distinguere un attacco vero da uno finto. Si sa cosa fare e come organizzare il proprio corpo in anticipo. In quanto disciplina psico-spirituale richiede una sensibilità estrema che al profano può sembrare quasi soprannaturale.

Feldenkrais era alto circa un metro e sessanta e abbastanza rotondetto. Da giovane era stato un tipo forte e atletico. Al tempo della nostra formazione aveva settantun anni. Fece disporre Dennis Leri e qualche altro ragazzo robusto di fronte a lui e chiese loro di colpirlo sullo stomaco. Nessuno di noi era disposto a colpirlo, così provammo a farlo solo per finta ma lui non si mosse. Alla fine io mi decisi a farlo: non appena iniziai, la sua mano si sollevò e afferrò il mio polso bloccandomi. Sapeva che stavo per farlo realmente. Un certo numero di altri studenti provò ad ingannarlo ma nessuno riuscì mai a colpirlo. Ci disse che poteva insegnare a chiunque a farlo. Egli era capace di percepire il movimento e il suono del respiro e sapere se essi stavano per fare una finta. Proprio prima di colpire si fa un respiro più grande e acuto. Fece osservare che ogni persona cieca poteva sentire il movimento molto prima che qualcosa le arrivasse contro. Gli chiesi come aveva fatto a sapere quale sarebbe stato il braccio che stavo per usare, mi rispose: “Come puoi pensare che dopo averti osservato rotolare sul pavimento per due anni non sappia quale braccio useresti?”.

Kano arrivò a Parigi per fare una conferenza sullo stato della fisica in Giappone e sul suo nuovo metodo di addestrare gli studenti laureati. Nessuno aveva ancora fatto Judo eccetto i laureati in fisica. Feldenkrais fu invitato. Rimase affascinato dall’idea. Aveva già potuto osservare come le persone hanno la tendenza a contrarre e distorcere parti del corpo mentre pensano; notò che c’era una differenza in Oriente: infatti c’era un’immagine del Buddha in piena concentrazione mentale in posizione seduta, simmetrica, col corpo bilanciato. L’immagine comunicava l’idea di una respirazione facile, un viso rilassato e di una apertura posturale durante la concentrazione. L’immagine occidentale era diversa: era quella de “Il Pensatore” di Rodin.

La cosa sollevò il suo interesse e lui e Kano andarono molto d’accordo. Kano lasciò in Europa due dei suoi migliori discepoli. Uno di questi, di nome Kazumi, continuò a sviluppare il Judo dopo la morte di Kano. Kano disse loro che Feldenkrais era l’uomo di cui avevano bisogno per trasmettere il Judo all’Occidente. Volevano uno scienziato. Feldenkrais rispose di essere troppo occupato col lavoro di ricercatore. Kano sentiva che quest’uomo era abbastanza matto da potercela fare se fosse stato costretto. Lasciò due cinture nere che andarono ad abitare nello stesso appartamento in cui viveva Feldenkrais. Stavano al piano superiore e avevano dei tatami sul pavimento. Feldenkrais, dopo aver lavorato, tornava a casa, consumava una cena leggera e quindi saliva di sopra a fare Judo. È così che incominciò il suo addestramento. Fece notevoli progressi, divenne cintura nera e alla lunga fu il responsabile per l’entrata dello Judo nei giochi olimpici. Fu il fondatore dello Judo Club di Parigi che più tardi diventò lo Judo Club di Francia che oggi conta milioni di soci.

Durante la guerra Moshe si trovava a Londra e fondò lo Judo Club di Londra. In seguito venne a New York e attraverso lui lo Judo e le altre arti marziali entrarono nel mondo occidentale. Lo organizzò e gli procurò il riconoscimento ufficiale. In Giappone è oggetto di una certa venerazione da parte di diverse persone anziane per aver fatto del loro hobby nazionale uno sport olimpico. Al contrario, alcuni non volevano che ciò accadesse: pensavano che questo avrebbe distrutto lo Judo. In un certo senso è stato così. Oggi nello Judo si fa sollevamento pesi per diventare più grossi. In origine si trattava di percepire le cose in maniera più intelligente e di come riorganizzare velocemente il modo in cui si usa il proprio corpo. Quindi si riusciva ad annullare la forza e il potere dell’avversario attraverso il modo in cui ci si organizzava. C’era la preoccupazione che questo andasse perduto e così è avvenuto. Era una disciplina incredibile ed ora è diventato solo darsi spinte. Nello Judo si usano delle brache con il fondo della gamba ampio. La ragione di ciò stava nel fatto che i giapponesi hanno i piedi così flessibili per il fatto che vanno scalzi sui tatami tutto il tempo, che potevano afferrare i pantaloni coi piedi. L’idea di dare calci alle gambe era considerata molto rozza, preferivano afferrare e tirare. Si poteva controllare meglio l’avversario in questo modo. Era richiesto equilibrio. Mentre era coinvolto in tutto questo, Moshe ebbe un incidente debilitante che cambiò il corso della sua vita. Questo è il periodo in cui nacque il Metodo Feldenkrais. Stava giocando a calcio con ragazzi di vent’anni più giovani di lui.

Era come un animale. Una volta ero a cena con lui e in quell’occasione non usò le posate. Afferrava il cibo con le mani e se lo ficcava in bocca. Se ti capitava di attraversare una stanza con lui sembrava di avere una bestia, un orso o una tigre, con te. Aveva una spaventosa carica di energia e di potere. Era cerebrale quanto fisico. Era completo. Spesso provava a camminare come una certa specie animale. Immaginava di essere un animale e parlava di che specie di energia si sarebbe generata nel suo corpo quando camminava come questo o quell’animale. Come camminare con energia? Il suo interesse all’energia generata dal camminare incominciò verso la fine della sua vita. Mentre teneva un corso di post-formazione a San Francisco qualcuno gli fece una domanda in proposito; lui attraversò la stanza mostrandoci come camminare con energia [“power walk”]. Ci disse che quello era il modo in cui bisognava praticare camminare con energia. Era un modo di essere, non quante volte o quanto a lungo andare.

Una volta, quando stava giocando a calcio con questi ragazzi, gli capitò di fermare la palla; un giocatore che sopraggiungeva alle sue spalle non riuscì a fermarsi e rovinò sopra la parte esterna della sua gamba. Questo provocò la rottura completa dell’aspetto mediale della parte interna del ginocchio. Moshe raccontò che il suo femore finì in terra e la gamba gli uscì di lato. Era incline all’esagerazione. Disse che glielo rimisero in posizione; la pelle era lacerata e ogni cosa era strappata. Lo informarono sulle possibilità che aveva: potevano operarlo e cercare di ricucire insieme le parti. L’anatomia del ginocchio non era ancora ben conosciuta. Gli dissero che avrebbe avuto il cinquanta per cento di probabilità di ritornare a camminare. L’altra cosa che poteva fare era stare a letto per sei mesi senza piegare la gamba o mettere del peso su di essa. Quindi soppesò l’opportunità di farsi operare ma non gli andava l’idea.

Una volta eravamo a pranzo insieme al ristorante e gli chiesi quale fosse stata la prima cosa che lo aveva condotto verso l’integrazione funzionale. Mi raccontò questa storia. Disse che dovette passare sei mesi a letto. Mi chiese: “Stando sei mesi a letto si ha a disposizione moltissimo tempo per giocare con se stessi, giusto?” Io risposi: “Sì ma cosa ha a che fare questo con la mia domanda?” Lui replicò: “Ci sono molte cose da manipolare, non solo quello.”

Bisogna immaginare una piccola stanza da letto francese; non poteva piegare il ginocchio, così appoggiava la gamba ad uno sgabello vicino al letto. Mise una pila di cuscini sotto il braccio sinistro in modo che non ci fosse stiramento del trapezio e del levator scapula. Così neutralizzò il riflesso di allungamento. Il riflesso di allungamento ti riporta alla tua normale lunghezza di riposo. Ogni qualvolta si allunga un muscolo o lo si allontana dalla posizione neutrale si produce un segnale elettrico poiché il muscolo è eccitato. Questo accade di notte stando al letto, quando si giace troppo a lungo in una posizione; cosicché il cervello a un certo punto deciderà di farti girare dall’altra parte. Certe volte si dorme così profondamente che l’eccitazione non ha la possibilità di penetrare, e così poi ci si sveglia col collo rigido o qualcosa del genere. I nostri muscoli sono sempre eccitati quando sono in allungamento. Uno dei peggiori dolori che possiamo avere è quando si ha un muscolo che è stirato e infiammato. Lo teniamo allungato e sta ancora contraendosi.

Moshe neutralizzò questo [riflesso] mettendo i cuscini per sostenere [il braccio]. Non c’era nessun lavoro. Col braccio appoggiato in questo modo gli angoli del cuscino erano tirati in su e c’erano delle pieghe su di esso. Questo fu il suo primo esperimento di integrazione funzionale. Voleva solo capire come poter aiutare il suo ginocchio e sapeva che nessuno ne capiva un accidente. Si mise a cercare nei libri di anatomia. Conosceva i migliori esperti che lo potessero consigliare in anatomia e fisiologia. Scoprì che nessuno ne sapeva niente; così decise che doveva imparare da sé. Prese gli angoli del cuscino e chiuse gli occhi. Si chiese se tirando [gli angoli] stava spianando una o due pieghe. Quanta forza doveva impiegare nel tirare per riconoscere quante pieghe stava eliminando dal cuscino? Provò a farlo in modi e posizioni diverse finché ottenne un calibro accurato per le pieghe nel cuscino. Riuscì a sapere quanta forza occorreva per eliminare una, due o tre increspature; le sue mani erano diventate sensibili. Quindi ruotò il suo avambraccio, lo massaggiò e si assicurò che fosse molto morbido e rilassato. Aveva calibrato accuratamente la sensibilità delle sue mani.

C’era una macchia sul muro e decise di puntare le sue dita verso quella macchia. Stava tirando le sue dita con questa sensibilità. Quando provò a tirare un certo dito la mano andò in pronazione; col dito seguente questo non accadde. Si chiese perché un dito provocava questo mentre l’altro no. Progettò un esperimento scientifico per scoprire ciò che era naturale. Si domandò quale dito avrebbe mosso maggiormente in avanti la sua scapola. Lo fece sino a quando seppe quanta forza occorreva per tirare la scapola. Quando ebbe finito guardò allo specchio e vide che i due lati del suo viso erano diversi. Notò inoltre che si sentiva comodo nel sostenersi sulla gamba sinistra. Sentì che l’intero corpo era stato influenzato.

Provò a rovesciare la situazione e scoprì che l’altro polso girava diversamente. Una spalla si protraeva più dell’altra. Si rese conto che c’erano disequilibri nel complessivo funzionamento del sistema nervoso. Questo lo portò a considerare cosa ciò potesse significare relativamente al suo ginocchio. Forse ci poteva essere un modo diverso di operare del sistema nervoso che era in grado di alleviare il dolore al ginocchio. Capì che, se poteva diventare così rilassato da un lato, solo giocando con le sue dita, allora ci doveva essere un modo per cambiare la maniera in cui le anche, le ginocchia, le caviglie e la schiena lavoravano. Pensò che forse la gente non riusciva a sentire e capire ciò che faceva col suo corpo.

Si mise a consultare libri di anatomia in lingue diverse. Nei libri inglesi si affermava che le ossa del piede, a parte le falangi, erano classificate come articolazioni immobili. Se avete mai visto come sono costruite le scarpe inglesi non fa meraviglia che i piedi dei loro cadaveri non si muovano. Gli inglesi non camminano mai scalzi e non muovono i piedi. I libri di anatomia giapponesi li mostravano come articolazioni altamente mobili. I giapponesi potevano abbassare il loro arco plantare sino a toccare terra e appoggiarsi senza pronare la caviglia. Erano in grado di abbassare e sollevare queste ossa. Potevano chiudere il piede come un pugno. Cercò nei libri tedeschi ed essi dicevano che erano semi-mobili. Pensò che era probabile che le abitudini culturali, i modi di pensare e di vivere influenzavano la scienza. Le dichiarazioni in proposito sarebbero state prese per vere. Ritenne che forse nessuno ne sapeva niente di ginocchia, piedi o anche. Si chiese perché il suo viso era cambiato giocando con la mano e il suo equilibrio influenzato giocando con le dita. Nessuno lo sapeva. Ogni volta che rivolgeva la domanda ai più eminenti scienziati europei nessuno conosceva la risposta. Si trovò abbandonato a se stesso, a dover fare affidamento solo alle proprie risorse, che erano notevoli.

Decise di non voler più restare fermo a letto o di non piegare il ginocchio. Andò avanti a giocare con le mani e a cercare di capire come fare cose diverse col suo braccio. C’erano delle articolazioni che non riusciva a raggiungere, come quelle delle vertebre toraciche, così dovette sviluppare degli esercizi. Si mise sul pavimento e incominciò a rotolare in modi molto precisi e raffinati; si mise a inventare i movimenti. Riuscì a sentire dei cambiamenti. Si rese conto che il suo intero corpo e ciò che lui pensava fossero le sue limitazioni erano un’idea o un concetto. Esse erano costruzioni che aveva imparato e lui non sapeva nemmeno ciò che aveva imparato. Erano solamente un cumulo di abitudini. Cominciò a esplorare e sperimentare ancor prima che sviluppasse le CAM. Sviluppò questi movimenti interessanti in modo da poterli capire e inquadrare nell’ottica di un ingegnere meccanico. Quindi guardava al sistema nervoso nel modo in cui lo avrebbe fatto un ingegnere elettronico. Cosa arresta il flusso elettrico di informazioni? Cosa accade? Che cosa poteva andar storto?

Si mise a sperimentare sempre di più su sé stesso. Quindi arrivò il momento in cui dovette occuparsi del ginocchio e del piede. La prima cosa che fece fu prendere il piede che poteva raggiungere e tirare e girare le dita. Si mise ad esplorare quelle ossa su cui c’erano pareri discordi. Voleva scoprire cosa erano capaci di fare le sue ossa. Fece molte cose interessanti con i suoi piedi, ginocchia e anche. Prese nota di tutti i cambiamenti. Quindi venne il momento di arrivare al piede poggiato sullo sgabello. Non poteva raggiungerlo; piegare la gamba causava dolore. Non poteva accettarlo. Pensò che forse non poter toccare il piede era solo un’idea, una abitudine che lo limitava. Si chiese se il corpo intero lo stesse limitando. E perché mai avrebbe dovuto permettere che la sua attenzione fosse intrappolata sui suoi tendini della parte posteriore del ginocchio? Nelle CAM noi insegniamo che la nostra attenzione rimane intrappolata nelle parti su cui stiamo forzando. Quando cercava di allungarsi [per raggiungere il piede] sentiva lo stiramento nei tendini posteriori del ginocchio ma si chiese se questo fosse tutto quello che lo bloccava. Si rese conto che le sue costole e spalle erano dure. Fece ogni genere di movimenti per il cingolo scapolare e la gabbia toracica e questo lo rese così libero e flessibile che riuscì a toccarsi il piede.

I tendini dietro il ginocchio non erano l’ostacolo ma la sensazione era come se lo fossero. Non potendo piegare nessun’altra parte era naturale che questi tendini dovessero allungarsi. Cominciò a sviluppare cose sempre più elaborate per lavorare col suo tronco. Provò a cambiare il suo modo di respirare e l’uso che faceva della testa, collo e occhi. Si può riconoscere dagli occhi quando le persone stirano troppo i muscoli. Non appena arrivano ad un certo punto si può vedere nei loro visi il desiderio di riuscire. I loro occhi mostrano la reazione del corpo a questo tentativo. Moshe lavorò con gli occhi, la mascella e tutto il resto fino a che riuscì a raggiungere il piede. Questo è guardare al corpo nei termini della teoria dei sistemi.

Il villaggio più vicino a quello in cui egli era nato in Russia era il luogo di nascita di Nickoli Bernstein, che fu il padre della moderna scienza del movimento. Egli fu l’iniziatore del campo delle scienze del movimento. Lui e Moshe avevano la stessa età. Moshe lavorava alla teoria dei sistemi in fisica, così applicò questo modo di pensare al lavoro che faceva su se stesso per il suo ginocchio. Il medico gli aveva detto di non piegare mai la gamba o stare in piedi su di essa, così lui non la piegò, ma fece qualcosa “come se” dovesse piegarla. Si mise a massaggiare i tendini dietro il ginocchio. Pensò che forse la possibilità di piegare più o meno il ginocchio poteva dipendere dalla collocazione del piede e del tallone. Fece dei tentativi esplorativi in questa direzione. Scoprì che otteneva una maggiore flessione se usava la sua anca come un praticante di Judo e raggiungeva il polpaccio creando una torsione. Quindi giocò col tallone.

Il medico aveva detto di non stare in piedi su quel ginocchio così si sorresse sull’altra gamba e fece parecchie cose elaborate. Ruotò il bacino intorno al femore e andò su e giù. Si assicurò che la gamba sana sapesse cosa fare e fosse ben organizzata. Quindi provò a fare la stessa cosa sull’altro lato fino a che l’anca, la caviglia, la schiena e tutti i muscoli in tutte le zone vicino al ginocchio furono in grado di fare cose straordinarie. Riuscì a camminare. Poteva piegare il ginocchio, avere stabilità nell’articolazione e non faceva più male. Si presentò al medico e questi pensò che il riposo a letto lo avesse veramente aiutato. Ogni giorno esplorava questo campo ed era così preso dalle CAM che si dimenticava di andare a cenare. Non poteva letteralmente fermarsi. Continuò ad esplorare dettagli minuti e complicati per capire come funzionava il suo corpo. Camminava in un modo tale che un occhio inesperto non avrebbe saputo dire cosa c’era di sbagliato. Si mise a pensare a come proteggere il ginocchio mentre si muoveva. Gli faceva male quando c’era cattivo tempo.

Per un certo periodo lavorò sui sottomarini. […] Gli ammiragli inglesi hanno un labbro superiore molto rigido, non sorridono mai né ridono o piangono, specialmente durante una guerra. Moshe si trovava in una nave da guerra. Aveva sviluppato una notevole abilità nelle sue mani lavorando su se stesso. Aveva una grande sensibilità per il movimento. Era molto popolare ai cocktail. Era spesso occupato a portare le mogli degli altri nella stanza da letto per alleviare il loro mal di testa. Era veramente un personaggio. Applicò agli altri gli stessi principi che aveva usato con se stesso. Si rese conto che il problema stava nel loro pensiero. Cominciò a lavorare con loro nello stesso modo con cui aveva lavorato su se stesso.

Un giorno stava lavorando con un ammiraglio inglese che aveva sentito che lui faceva meraviglie per le persone con la schiena rigida. Quest’individuo aveva un asma terribile che era peggiorata durante la guerra a causa della tensione nervosa. Moshe stava lavorando sul suo petto in modo delicato quando quest’ammiraglio incominciò a piangere e a ricordare qualcosa di terribile che gli era successo all’età di quattro anni. Come era potuto accadere? Gli era successa la stessa cosa con un altro ammiraglio. Entrambe le persone ne ricavarono un sollievo. Lui non sapeva cosa stava facendo. Quando ciò accadde, lo sviluppo della psicologia somatica, le tecniche neurologiche e le tecniche ortopediche e di riabilitazione erano ai loro primi passi. Tutte le persone che poi avrebbero sviluppato quel campo erano ancora bambini o adolescenti. Nessuno ne sapeva niente eccetto F.M. Alexander. Moshe studiò con lui e fece diverse lezioni. Anche Ida Rolf era una sua intima amica.

Un’altra storia vi aiuterà a capire il suo metodo. Un professore di fisica suo collega si rivolse a lui per un problema riguardante l’accorciamento del muscolo trapezio. Chiese a Moshe di aiutarlo. Mentre questi gli parlava Moshe osservò il modo in cui egli si toccava. Pensò che se quello era il suo modo di trattare se stesso, la relazione che aveva con sé, che cosa questo poteva dire su ciò che egli era e come ciò si collegava al suo problema di rigidità? Aveva imparato su se stesso che la cosa peggiore da fare era toccare la zona che era sotto stress. La mente di quell’individuo stava sempre pensando: “Questo fa male.” Questo era il suo atteggiamento abituale verso questo fatto. Questo era ciò che il muscolo imparava quando veniva toccato in quel punto. Moshe provò a lavorare col pensiero sistemico. Lo fece sdraiare sul tavolo e gli applicò una spinta attraverso l’altra gamba fino a quando [questa persona] si sentì così bene che dovette cambiare il suo modo di stare in piedi. Lavorò anche sulle costole. Lo fece girare e gli cambiò l’orientamento della testa e degli occhi. Se questa è la nostra abitudine e si fa in modo che le cose cambino, il cervello non riesce a capacitarsi di come attenersi ad essa. Quel tipo si mise in piedi e la sua spalla era libera. Moshe non l’aveva neppure toccata. Che curioso!

Viene da lui un’altra persona con le spalle rigide. Moshe sa di non poter contare su di una formula, un protocollo o una ricetta da seguire. Siamo tutti diversi. Lavora con le anche di quest’uomo che ha una schiena terribile. Gli muove la testa e il collo e riesce a sciogliergli le spalle. A questo punto cominciò a pensare di aver scoperto qualcosa di importante e si mise a intraprendere una ricerca.

Il sottotitolo di Il corpo e il comportamento maturo era: Ansia, Sesso, Gravità e l’Apprendimento. Vi consiglio caldamente di leggerlo. In esso portò l’idea dello sviluppo motorio in un campo nuovo. La maggior parte dei libri sullo sviluppo motorio si fermano all’età di sei anni. Dicono: “Si cammina carponi e si imparano delle cose, quindi dopo i sei anni non c’è più nulla da imparare. Si è già sviluppati. Si è in grado di stare in piedi e camminare, perciò è tutto finito”. Egli si pose le seguenti domande: “Come mai una persona di settant’anni che ha raggiunto una posizione sociale elevata e riconosciuta da tutti, distinta, che gode di stima e rispetto nella sua comunità, sotto certe condizioni di stress si comporta nei confronti di talune persone come un bambino di due anni? Se il cervello sta creando e organizzando i movimenti di una persona di settant’anni come può allo stesso tempo creare il sistema motorio, il comportamento e i sentimenti di un neonato? Come può comportarsi in quel modo?”

Negli anni cinquanta tre ginnasti si rivolsero a lui per un problema perché aveva raggiunto una certa fama facendo cose strane per problemi strani. La gente andava da lui con problemi insoliti. Questi ginnasti erano flessibili, forti e sapevano fare cose che la maggior parte delle persone non possono fare. Sapevano oscillare sulle sbarre e fare altre cose di questo tipo ma erano impotenti. Come poteva il cervello creare dei movimenti di livello così elevato, che erano ben controllati e organizzati. e allo stesso tempo eliminare una delle funzioni umane più basilari? Come potevano gli esseri umani avere dentro di sé diverse persone organizzate da qualcosa chiamata il sistema motorio come se fossero una persona sola? Siamo pienamente sviluppati se riusciamo a muoverci bene ma siamo impotenti? Si può essere pienamente realizzati nel mondo esterno ed essere internamente dei neonati in molti modi. Potrebbe essere che noi smettiamo di svilupparci? Può darsi che debba accadere qualcosa per permetterci di evolverci ulteriormente in modo che la vita interiore ed esteriore corrispondano e siano integrate.

Ne Il Corpo e il comportamento maturo prese l’idea dello sviluppo motorio e la espanse nel concetto che non si smette mai di imparare. Possiamo sempre apprendere e continuare a svilupparci. L’età non significa niente nei riguardi della nostra capacità di apprendere. La sua vita fu una manifestazione di questo. Negli ultimi due anni della sua esistenza faceva cose che erano incredibili e che erano molto al di sopra di qualsiasi cosa gli avessi visto fare pochi anni prima. Sentiva che il suo ritmo di apprendimento era aumentato. Aveva quasi ottant’anni e lavorava sessanta ore alla settimana. Io do una lezione la mattina appena alzato, quindi vengo qui e insegno con l’aiuto di Steve. Moshe faceva tutto da solo. Si alzava la mattina e lavorava con un gruppo di persone, quindi si recava ad insegnare al corso di formazione con duecentotrenta persone, tutto da solo. Lavorava sino alle dieci di notte e non smetteva di parlare sino all’una o alle due. […]

Abbiamo parlato delle sue esplorazioni sulla mano e sui tendini posteriori del ginocchio e di come le applicò ad alcuni dei suoi colleghi. La parte successiva della storia inizia in Israele, dopo la guerra, quando ottenne una borsa di studio come ricercatore. […] Si mise a studiare lo sviluppo motorio. Questo suscitò talmente il suo interesse che abbandonò completamente la fisica per iniziare questo laboratorio. Non sapeva che sarebbe stato un abbandono definitivo. Era interessato molto di più al corpo umano, a come si muove, all’apprendimento e allo sviluppo motorio che alla fisica. Sua madre, che era un’artista, ritenne che fosse stato un idiota ad abbandonare il suo campo per andare a strofinare la schiena di vecchie signore.

Andò avanti, fece corsi di CAM, fece esperimenti con la rotazione della testa… (c’è una lacuna nel nastro.) Incominciò a registrare gli esercizi con cui lavorava su se stesso. Cominciò a insegnarli verbalmente. Cercò di ideare un modo così preciso di descrivere i movimenti che avrebbe permesso a un grande numero di persone di farli. Si rese conto che l’integrazione funzionale era limitata perché si poteva lavorare solo con una persona alla volta. Cominciò ad esplorare il linguaggio e i processi verbali. Il suo primo libro riguardava l’autoipnosi. Si mise a pensare nei termini di usare il linguaggio per suggerire il movimento, o spostare l’attenzione delle persone dentro e fuori stati diversi, in modo che potessero apprendere. […]

Ci fu un’altra circostanza che contribuì alla diffusione del metodo. […] Dopo dieci anni passati a progettare lezioni di CAM e a lavorare con le mani, ritenne di aver raggiunto una conoscenza sufficiente. Pensò che se avesse avuto un metodo che fosse stato decisamente diverso da qualsiasi altra cosa, avrebbe dovuto assicurarsi di poter insegnare ad insegnarlo a persone senza una preparazione di base che avrebbe potuto influenzare il loro modo di sentire. Si mise a guardarsi attorno nelle sue classi di CAM e incominciò a scegliere delle persone. Prese un autista di tassì che non stava combinando nulla nella vita, un insegnante in pensione che era annoiato a morte, una donna che era brava in Judo e nella tecnica Alexander. Prese anche alcune casalinghe che non avevano mai lavorato prima e alcuni amici medici, e quindi decise di fare una piccola formazione. Era una situazione di apprendistato. Girava la loro testa e poi loro dovevano farlo su di lui. Si fece un’idea di ciò che si provava. Man mano che essi migliorarono ottenne una migliore conoscenza delle sensazioni che il suo lavoro produceva. Questa piccola formazione era iniziata in Israele alla fine degli anni Sessanta.

Poi arrivò [da Moshe] Will Schultz che, insieme a Michael Murphy, aveva fondato l’Istituto di Esalen. Will fece la prima formazione del Rolfing. Ida Rolf e Moshe si conobbero durante la seconda guerra mondiale. Entrambi erano a Londra e frequentavano un gruppo di studio di Gurdjeff. Gurdjieff era un genio che cercò di comprendere come il movimento e la psicologia potessero entrare in relazione. Sviluppò molti esercizi per l’espansione della psiche attraverso l’uso del corpo; li chiamò meditazioni. Il suo lavoro riguardava il come organizzare l’attenzione. Ci sono sue scuole ovunque nel mondo. Ida Rolf e Moshe erano interessati a Gurdjeff. Moshe stava descrivendo questo nuovo lavoro che andava sviluppando, lei stava descrivendo il suo lavoro col tessuto connettivo. Una sera erano a cena insieme ed lui le disse che non sapeva come chiamare il suo lavoro. Lei rispose di essere nella stessa situazione. Decisero che lei lo avrebbe chiamato “integrazione strutturale” e Moshe avrebbe chiamato il suo “integrazione funzionale.” È così che cominciarono.

Will Schulz era nella prima formazione di Ida. La Rolf era una persona difficile proprio come Moshe. Non parlava mai bene di nessuno ma quando parlava di Feldenkrais Will Schultz notò che non ne parlava male. Di regola lei non si esprimeva mai in termini positivi. Will pensò che quest’individuo doveva essere eccezionale dato che lei non lo aveva mai sminuito. Così le chiese il suo indirizzo ma lei non volle darglielo. Dovette arrivare per vie indirette a trovare Moshe. Gli scrisse una lettera e Moshe prestò attenzione perché Will Schultz era al secondo posto nella gerarchia della facoltà di psicologia dell’Università di Harvard. Era un grosso nome. Contrariamente alle sue abitudini, Moshe rispose a questa lettera. Will andò a trovarlo e rimase molto sorpreso nel vedere quest’uomo basso e tarchiato, seduto su uno sgabello con circa dieci persone sul pavimento, che cercava di descrivere i movimenti con uno scheletro. Stava facendo un lavoro eccellente.

Will riferì questa storia importante il giorno dopo la morte di Moshe. Quando fece il suo ingresso [nella stanza dove Moshe insegnava] aveva la testa inclinata leggermente di lato. Moshe interruppe la lezione e disse: “Guardate, questo è dott. Will Schultz, uno psicologo di Harvard. Ha studiato con Ida Rolf per anni e guardate la sua testa. Guardate: ha ancora la testa tutta storta.” Ed era proprio così. Lo fece sdraiare sul pavimento di fronte alla classe e gli girò la testa da un lato all’altro. Will raccontò che fu per lui una esperienza straordinaria sentire e capire dall’interno che la sua testa era storta. Lo sapeva dall’esterno poiché i rolfer scattano fotografie ma non aveva mai avuto un riferimento interno. Pensò che era strano poter sentire che la sua testa fosse inclinata e che dipendeva dal petto.

Will cercò di convincere Moshe a lasciare Israele per recarsi all’Istituto di Esalen in California. Questo accadeva nel 1972. Moshe prese l’aereo e presentò il suo primo seminario in America a un piccolo ed elitario gruppo di psicoterapeuti tra cui Stanley Kelleman. Nessun medico vi prese parte. Decise che il posto gli piaceva molto. […] In Israele era molto rispettato ma le condizioni economiche erano molto diverse. Così decise di tenere il suo primo corso formale di formazione nella città di San Francisco, che iniziò nel 1974. Ci era già stato un paio di altre volte. Eravamo in sessanta in quella formazione; si portò gli assistenti da Israele.

La formazione fu organizzata in un unico segmento annuale di otto settimane consecutive, seguite da dieci mesi di pausa, per un totale di quattro anni. All’inizio dovevano essere solo tre anni ma verso la fine si rese conto che non sarebbero bastati. Aggiunse un quarto anno che era inteso come un anno di pratica clinica con la supervisione del lavoro. Non facemmo nessuna CAM.
Non ero affatto sicuro di voler fare questo lavoro. Non mi iscrissi con l’intenzione di essere un insegnante Feldenkrais. Ero uno psicoterapeuta e un ex-ballerino. Era interessante ma non proprio ciò a cui mi sentivo attratto. Ciò che mi aveva convinto ad iscrivermi era stata la prima lezione di un seminario dimostrativo dove fece ciò che era solito fare in tutte le dimostrazioni. Era la CAM “seduti di lato con la mano di fronte.” Moshe riteneva che, mancando di un riferimento interno, le persone non si sarebbero rese conto se avessero migliorato o no. In questa CAM si può prender nota di un punto sul muro che ci dirà se c’è stato un miglioramento. Non immaginate quante persone riescono a compiere dei miglioramenti notevoli senza rendersene minimamente conto. Lui si serviva di questi punti di riferimento esterni per incominciare.

A questa lezione dimostrativa prendevano parte anche due ballerine del balletto di San Francisco, e stavano in prima fila. Ogni volta che ci giravamo il movimento diventava sempre più facile. Alla fine della lezione le due ballerine si alzarono, afferrarono le loro pellicce, e si avviarono stizzosamente verso l’uscita. Feldenkrais si interruppe e disse: “Scusate, quelle due belle donne con il cappotto elegante! Perché ve ne andate dalla stanza ora?” Loro si fermarono ed esclamarono: “Tutto questo è solo un trucco!” Lui replicò: “Ah! Allora potete andare, non avete bisogno di stare qui. Signore e signori, per favore applauditele. Sono le sole persone che hanno capito che l’apprendimento è un trucco del sistema nervoso. Hanno imparato la lezione e non hanno più bisogno di questo. Perciò grazie tante. Potete fare tutti un applauso?” Non restò loro altra scelta che quella di andarsene.

Questa fu la mia prima esperienza in cui capii il perché gli atleti e i ballerini non sono interessati a questo lavoro. La ragione è che loro hanno investito tutta la vita nello sforzo. Immaginate che arrivi qualcuno e con un trucco vi fa differenziare la testa dalle braccia e così riuscite ad andare oltre. Fate qualcosa con gli occhi e le anche e andate ancora oltre. Sapete quanto questo può essere penoso se avete passato tutta la vita pensando che il solo modo per poter arrivare al punto “B” dal punto “A” sia possibile attraverso lo sforzo e la ripetizione? Questo è un attacco alla vostra immagine corporea e alla vostra sensibilità. Escono dalle lezioni di danza doloranti e questo dà loro la prova di quanto fosse eccellente la lezione e di aver fatto qualcosa di importante.

Moshe fece questa formazione e negli anni successivi diverse altre formazioni avanzate con sessanta di noi. Ho passato un periodo di circa dieci anni con lui. Nel 1980 decise di iniziare un secondo programma di formazione negli Stati Uniti, ad Amherst nel Massachusetts. A quel tempo il suo lavoro era più noto e ci furono duecentotrenta iscritti in quella formazione. Era in una palestra immensa. Fece solo i primi due anni. Insegnò solamente la “consapevolezza attraverso il movimento.” Nessuno toccò una persona per due anni. Quello divenne il modello per i successivi programmi di formazione per molto tempo. Si sperimentavano le lezioni di CAM senza guardarle o parlarne. Si cominciava a toccare alla fine del secondo anno. Prima che iniziasse il terzo anno della formazione ebbe un ematoma subdurale seguito da un infarto, quindi un altro infarto ancora con conseguenti disturbi cardiaci. Visse per un paio di anni ancora e poi morì.

Ad Amherst lavorava dalle sessanta alle settanta ore la settimana all’età di ottant’anni. Dava lezioni di IF agli studenti la mattina, insegnava nel corso per tutto il giorno e la sera dava altre lezioni. Cenava e faceva altre integrazioni di notte. Quindi si sedeva e chiacchierava con chi gli stava intorno sino all’una o le due di notte. Dormiva poche ore, si svegliava presto e ricominciava. Quando ebbe l’ematoma subdurale il medico gli disse che avrebbero dovuto operarlo al cervello per estrarglielo e che avrebbe dovuto smettere di fare quello che stava facendo. Lui non volle. Continuò a lavorare sino all’infarto. Provò a vedere quanto in fretta riusciva a riprendersi dall’infarto.

Designò un gruppo di nove persone che si alternassero nell’insegnamento. Si alternarono finché finirono il programma di formazione. Utilizzarono i nastri del programma di San Francisco. Quella fu la sua seconda e ultima formazione. Addestrò numerose persone. Da allora i programmi di formazione si sono evoluti considerevolmente. La formazione di Amherst fu registrata su video-cassette, che diventarono un requisito necessario per le formazioni seguenti. Ora le cose sono cambiate ma in alcune formazioni si fa ancora così. Al momento ci sono tante persone nei programmi di formazione quanti sono gli insegnanti diplomati. Ci sono circa milleduecento practitioner, e crescono esponenzialmente. Ci sono circa venti trainer attualmente ma per un certo tempo sono stati solo una dozzina.

credits: questo articolo era ospitato nella vecchia versione del sito AIIMF. Dopodiché è andato perso.

Copyright: Frank Wildman
Institute for Movement Studies
FPTP Year 1, Segment 1, Notes
River Falls, W1, July 6-31, 1993
Page 118

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