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L’attenzione
Diario di un corpo #12
Che cos’è l’attenzione?
Non avendo trovato una risposta pienamente soddisfacente, tento di (non) spiegarlo a me stesso con una semplice analogia:
Pensiamo agli occhi. Gli occhi possono vedere una mano, quindi gli occhi sono qualcosa di diverso dalla mano, e la mano è “esterna” rispetto agli occhi. Tutto ciò che gli occhi possono vedere è esterno ad essi, ed è qualcosa verso cui lo sguardo può essere proiettato.
Va da sé quindi che gli occhi non possono vedere se stessi.
Quindi.
Se io posso porre la mia attenzione su ciò che percepiscono i sensi, significa che questi sono, in una certa misura, “esterni” rispetto alla prima.
Se posso prestare attenzione alle emozioni che mi attraversano, significa che la mia attenzione è altra cosa rispetto a queste.
Similmente se posso prestare attenzione al flusso di pensieri, ai ricordi, alle idee che contemplo, significa che è altro da questi.
Quindi posso descrivere la mia attenzione dicendo ciò che questa non è, ma quando si tratta di cercare di dire cosa è ho meno parametri per farlo.
Io mi identifico nella mia attenzione, che non so bene cos’è.
Se mi venisse chiesto di chiudere gli occhi, e di contare le dita delle mani, o dei piedi, una ad una, cosa succederebbe?
Le mie facoltà mentali si sposterebbero dall’immagine che ho di un dito all’immagine del dito seguente. In un certo senso conterei le immagini delle dita, ma cos’è che sto contando veramente?
Sto contando le volte in cui sposto l’attenzione.(¹)
L’attenzione è quindi una parte intimamente costitutiva di me stesso.
Paradossalmente però non posso definirla in termini positivi, posso usare una logica nella negazione: stando a ciò che ritengo di percepire, l’attenzione non ha inizio né fine, non ha origine, non ha scopo, non ha nome. Sembra “mia”, ma al tempo stesso non so di chi sia.
L’attenzione È.(²)
Nelle lezioni di Consapevolezza Attraverso il Movimento, il movimento è uno strumento per usare l’attenzione in una determinata maniera. È sufficiente muoversi secondo certi criteri che hanno permesso lo sviluppo della struttura del sistema nervoso, indirizzando l’attenzione verso i dettagli che emergono(³).
Ciò permette al sistema nervoso di raccogliere informazioni e istruzioni per creare nuovi collegamenti e riorganizzare le azioni successive, un processo che potremmo chiamare il paradosso del cambiamento.
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1) Questa è un’osservazione che il dr. Feldenkrais fece en passant durante una delle sue innumerevoli classi “residenziali” condotte per tanti anni a Tel Aviv.
2) Mi sembra preoccupante, alla luce di ciò, notare quanto la nostra attenzione venga frammentata e messa a dura prova nel contesto così sovra-stimolato nel quale viviamo.
3) Gli insegnanti più saggi che ho incontrato mi hanno sempre suggerito di seguire le lezioni di CAM senza desiderio di modificare la mia organizzazione, senza interferire con una volontà di miglioramento o cambiamento, ma solo concentrandomi nel notare cosa succede e prestando attenzione alle differenze tra un lato e un altro, tra prima e dopo. Questo, l’ho capito dopo, evita “conflitti” tra i vari livelli del sistema nervoso, tra la parte volitiva e l’autoregolazione e permette alla seconda di lavorare al meglio.
Sono stato bravo nel seguire questi consigli?